Numero 1 (2020) Supplemento 1

COVID-19 e gli anziani, un'esperienza per il futuro

Riflessioni e pensieri, dopo l’emergenza

Com’è fragile la vita, se la si abbandona
(Jose SARAMAGO)

Ormai sono passati due mesi dall’inizio dell’epidemia e da quanto ascolto e leggo molti affermano che ne stiamo uscendo e che presto potremo tornare liberi. Non ho idea se sarà cosi. Ma guardando indietro, sono certo che molti di noi non saranno più impreparati come lo siamo stati a febbraio.

Sono stati due mesi pesanti e complicati. Complicati per chi si è trovato travolto dall’imponenza di una moltitudine disordinata di malati che si accalcava all’entrate di “Arche di Noè” sistemate alla bella e meglio. Pesanti per tutti quelli che non sono riusciti ad entrare e per tutti quei pazienti che non ce l’hanno fatta così come per quelli che hanno resistito con quel poco che siamo riusciti a dare. Fuori di retorica e di polemica, abbiamo fatto miracoli con quel poco. Ma, come ho sentito spesso dire da un grande uomo che non c’è più, il tanto poco fa tanto.

A Brescia, in questo enorme Ospedale che mi accoglie da quasi trent’anni, nessuno poteva immaginare che saremmo arrivati a curare più di tremila malati COVID con disturbi respiratori, con complicanze cardiologiche e neurologiche, complicanze internistiche e renali. Nessuno poteva credere che non sarebbero bastati i letti delle Malattie Infettive e della Terapia Intensiva. Ma già alla fine di Febbraio, avevamo capito che nessuno sarebbe stato risparmiato; tutti i reparti sono stati segnati da due destini ovvero la chiusura e la trasformazione in area Covid (come è stato in gran parte della Lombardia) oppure la creazione di un’area Covid specialistica integrata nello stesso reparto. Così è stato fin da subito per la Medicina Interna, poi per la Cardiologia e per la Nefrologia, infine, per la Neurochirurgia e per la Neurologia.

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